Questa sera vi proponiamo con piacere l’intervista di Riccardo Bisti per Tennisbest al papà di Sara, Giorgio Errani.
Di seguito il link dell’articolo originale – “La figlia del Re di Spagna”.
Giorgio Errani, prima dell’exploit parigino del 2012, lei sperava in una Sara tra le top 25. Dopo si aspettava che sarebbe rimasta incollata alle top 10 fino a oggi?
A dire il vero si, ci credevo e ci speravo. Quando arrivò in finale a Parigi smentì buona parte dei media, che pure rimasero scettici nonostante avesse fatto cose straordinarie. Io invece ero convinto che non si trattasse di un caso. Non dico che ne fossi certo, ma credevo in una conferma.
Ecco, i media. Come valuta il comportamento della stampa nei confronti di Sara?
Sono sempre stato scettico. L’hanno snobbata sin da piccola, ma dopo certi risultati speravo in qualche passo indietro. L’unico che ha avuto il coraggio di farlo è stato Federico Ferrero: in modo elegante, e con grande onestà, disse che non gli era mai piaciuta granché, ma che è stata capace di arrivare laddove non avrebbe mai pensato. Non ho la pretesa che il suo gioco piaccia a tutti, ci mancherebbe, ma il problema è la mancanza di rispetto. Mi rendo conto che così rischio di generalizzare, ma stiamo parlando di una ragazza che sta scrivendo un pezzo di storia del nostro tennis. Tra 20 anni, quando rileggeremo gli almanacchi, troveremo i suoi risultati. Meriterebbe maggior rispetto, invece sento diversi commentatori, anche su canali tv importanti, che si perdono a parlare del servizio e dimenticano il resto. Io credo che il tennis sia uno sport di numeri e percentuali. Ok, il servizio è un problema, non tira a 200 km/h, ma è sempre in testa nella percentuale di prime palle. Nei giorni scorsi, dopo aver sentito alcuni commenti negativi, ho guardato un po’ di statistiche e ho scoperto una cosa interessante: a parte il match contro la Riske, prima di affrontare Serena ha sempre fatto più punti delle avversarie sulla seconda palla: 50% a 41 contro la Witthoeft, 36% a 30 contro la Petkovic e 43% a 15 contro la Goerges. Questi sono dati incontrovertibili. Sono d’accordo con coach Pablo Lozano quando dice e ripete che le sconfitte di Sara non dipendono dal servizio, ma da altri fattori.
Da un po’ di tempo, le risposte di Sara ai giornalisti sono ingessate, come non volesse più esprimersi. E’ colpa della celebre intervista con Vanity Fair o ritiene che le domande non siano troppo stimolanti?
Entrambe le cose. Sul lavoro, Sara non si lamenta mai. Invece alcuni giornalisti l’hanno costretta più volte a farlo. Per alcune domande, certo, ma anche perché in più di un’occasione hanno travisato il suo pensiero, hanno ‘preso gli spilli per la punta’. E’ vero, ha cambiato il suo modo di rispondere alle domande e personalmente ho smesso di leggere i commenti dei giornalisti. Prima mi arrabbiavo, adesso ho rinunciato perché mi sembra che spesso parlino di cose che non capiscono. Eppure dovrebbero essere esperti. Non leggo più tanto i giornali e i siti internet: prima lo facevo, cercavo di capire, ero curioso di conoscere i pareri. Poi mi sono reso conto che non c’è una logica.
E’ un fatto tipicamente italiano?
Se legge un qualsiasi articolo della stampa spagnola si accorgerà che la trattano come la figlia del Re di Spagna. A volte mi sembra addirittura che esagerino! Ma il ragionamento è semplice: sono orgogliosi che una giocatrice del suo livello si alleni in Spagna. Ho l’impressione che in Italia non si apprezzi chi lavora sodo. Tornando all’intervista con Vanity Fair: ebbe un’uscita infelice, anche se forse fu travisata. Ma credo che di base avesse ragione.
Qual è stato il momento più difficile da quando è diventata una top player?
L’inizio del 2013. Si è trovata a gestire un livello che non avrebbe mai pensato di raggiungere, con l’obbligo di confermarsi. Il primo anno dopo un risultato eclatante è sempre il più duro. Era un po’ nervosa, poi si è tranquillizzata. Da un punto di vista tecnico e personale è stato un periodo molto difficile. Ora lo posso dire: sentiva enormemente la pressione.
In un dibattito su chi sia stata la più forte giocatrice italiana di sempre, Sara avrebbe il diritto di essere considerata?
Non penso sia un argomento così importante. Tutto è opinabile: per me può essere stato più forte Gianni Rivera, per lei Valentino Mazzola. Sono cose che lasciano il tempo che trovano. Ma credo che Sara abbia il diritto sacrosanto di essere rispettata, al pari delle altre, per aver scritto un pezzo di storia del tennis italiano. A qualcuno piace la Schiavone, a qualcun altro Sara, ad altri ancora la Pennetta. Non è importante stabilire la migliore, ma rispettare le giocatrici, anche se non piace il suo stile di gioco. Restiamo nel calcio: io non sono juventino, ma quando giocava Michel Platini, mi levavo il cappello.
In giro si legge che lei abbia speso molto per sostenere Sara nei primi anni di attività, anche 60.000 euro all’anno: con la serenità di oggi, cosa consiglierebbe a un genitore?
Gli investimenti erano notevoli, ma non così pesanti come è stato scritto. Non c’è dubbio che il tennis sia molto oneroso per le famiglie che provano a sostenere un figlio, ma bisogna valutare di caso in caso: dipende dal genitore, ma soprattutto dal figlio. Io mi sono accorto che Sara era molto determinata, ci credeva da matti. Io non l’ho mai spinta, ho semplicemente assecondato la sua volontà. Prima di giocare a tennis aveva praticato 4-5 sport, sempre seguendo il fratello maggiore. Poi, quando ha mostrato una gran voglia di provarci col tennis, ho cercato di aiutarla. E’ possibile, anzi probabile, che alcune famiglie non siano in grado di sostenere certe spese. Purtroppo il tennis è molto costoso…
Argomento Vinci: come avete vissuto la separazione? In questi giorni Sara ha ammesso di essere stata lei a decidere, ma che Roberta resta un’amica e un punto di riferimento: possibile che un giorno tornino a giocare il doppio insieme?
Non saprei. Hanno deciso di separarsi semplicemente perché non riuscivano più a portare avanti il progetto singolare e doppio. Dopo aver vinto tanto, avevano bisogno di una boccata d’ossigeno. Ma non è detto che sia per sempre, dipende dalla loro voglia. Magari tra 6 mesi o un anno possono ricominciare. Credo si sia parlato troppo di questa storia: noi l’abbiamo vissuta in modo normalissimo, anche con i genitori di Roby. Nessun problema, davvero. Hanno tirato la carretta per tre anni e avevano bisogno di tirare il fiato.
C‘è stato un momento in cui Sara ha pensato di cambiare coach? Lozano ha fatto cose meravigliose, ma non c’è mai stata la curiosità di provare qualcosa di diverso?
Non credo, Sara è molto contenta del loro rapporto. Questo si, è davvero inusuale in un circuito femminile dove tante giocatrici cambiano l’allenatore ogni tre mesi. Sara e Pablo sono in sintonia su ogni cambiamento e sulla visione complessiva del tennis. Non credo che cambierà allenatore; anzi, non credo che Pablo proverà ad allenare un’altra giocatrice dopo Sara. Ovviamente è solo una mia sensazione, ma quando si trova la quadratura del cerchio diventa difficile cercare altre strade. E poi lui ha famiglia…
Si è creata una certa mitologia sul trasferimento di Sara all’estero. Qualcuno sostiene che sia stata consigliata da Raffaella Reggi: è vero?
Solo in parte. Conosciamo Raffaella perché suo padre era il commercialista della società di mia moglie. Quando Sara era piccola, le abbiamo chiesto informazioni perché pensavamo di mandarla da Nick Bollettieri, dove Raffi si era allenata con gradi risultati. Le chiedemmo un parere e la sua risposta fu positiva. Quando Sara tornò, eravamo convinti che sarebbe rimasta in Italia e cresciuta con un allenatore italiano. Poi però in Spagna abbiamo trovato una situazione migliore rispetto a quella italiana.